Archivi del mese: settembre 2007

Quante cose che non saiiii di meee,
quante cose che non puoooi saaapereeee…

Non è colpa mia.
Ringraziate questi
tre bloggers malefici e mio padre che mi ha comprato un microfono.
(Notare come il tono cala progressivamente perché, in effetti, parlare da sola è un po’ straniante anche per una logorroica come me.)


Riascoltando la mia voce medito il suicidio.
(Che poi, caricata su splinder, fa ancora più schifo.
E dal vivo non ho la "S" alla Muccino jr, giuroooo. Uff.)

PS. cazzimma vorrebbe che io passassi la palla ad altri otto disgraziati… ma oggi mi sento generosa… quindi la passo a tutti. Anche a te, uomo barbuto che finge disinvoltura fischiettando!

Infantili ed interpretabili, siamo troppo suggestionabili…

Quando stasera i miei sono rientrati che erano quasi le nove, io ho fatto scorrere sul pavimento scuro le rotelle della mia sedia girevole e sono andata ad apparecchiare.
Come se fosse l’unica cosa possibile, con la certezza limpida che avessero portato della pizza.
In realtà non ne avevo affatto voglia. Ma da sempre, tornando da Avellino, mia madre dice "Si è fatto tardi, proprio non so che fare per cena, mi fermerei a prendere una pizza".
E papà fa tappa in un forno dal nome buffo, che profuma di buono ed ha dei cornetti enormi.
Ma questa volta i miei hanno salito le scale senza un cartone caldo e fumante, e a me è sembrato di essere diventata grande d’un botto.
Mi sono sentita 21 anni addosso, e forse anche qualcuno in più.
Come se il non poter addentare qualcosa di fragrante mi dichiarasse adulta, senza appello.
Ed è solo una stupida abitudine che all’improvviso sfugge alla rassicurante prevedibilità; ma qualcosa di sottile si è spezzato e io mi sono sentita disorientata.
Non come una quasi-donna, ma come una bambina. Smarrita e delusa.

O logos deloi oti…

La richiesta di Lui.

cliccami per ingrandirmi!

La risposta di Lei.

cliccami!

Cliccate per ingrandire i capolavori, cecati!
A onor del vero la prima vignetta non è mia. Ma del soggetto ritratto. All rights reserved.

Trarre dal veleno medicina.

Ho appena fimato una lettera destinata ad un avvocatazzo da quattro soldi, dopo averla letta e rivista, consapevole del suo contenuto.
E mi sono sentita quasi una persona adulta.
Era una lettera che parlava di doveri e codice deontologico, con presunzione e stile. J’adore!
In realtà ho sorvolato sul fatto che parlasse di un momento terribile, in cui si sono spezzati legami e legamenti.
Ma l’ho firmata con serenità.
E se la caviglia spesso fa male, il resto lo fa molto meno.

Ho cercato ovunque quel libro, ma non riesco a trovarlo.
Nessuna traccia nella mia libreria.
E’ che non lo prendo tra le mani da secoli e devo averlo prestato a chissàchi.
So che dovrei fare altro ma io voglio rileggere Il Grande Gatsby, non rompete!

Tempo fa ricordo di aver letto da qualche parte che hai la misura della tua solitudine quando non c’è nessuno che ti aiuti a chiudere la zip di un vestito.
Io l’ho sperimentato e ho smadonnato in ogni idioma conosciuto e non.
Mi sono sentita una donna sola, una figlia sola, una sorella sola, una vicinadicasa sola.
Ho odiato il cosmo tutto e pensato di essere leopardianamente Saffo.
Poi ho tirato su i capelli, respirato profondamente e trovato il modo di infilarmi quel dannato top nonostante nessuno fosse lì, a tirarmi amorevolmete su la zip.
E ho avuto la misura di quanto la mia presunta solitudine sia superabile.

Kamikaze girl.

Tu ed io abbiamo un talento speciale e l’ho capito immediatamente.
Quelli come noi si chiamano "supplenti".
-Claire-

Io scrivo senza dire, parlo di me senza raccontare.
E’ una strategia.
Suoni, emozioni, ricordi, intrecci e sovrapposizioni.
E’ forse l’unica strategia che conosca.
E finisco a scrivere per me stessa, o per pochi, perché le cose non dette non si possono capire.
E’ l’unica strategia che conosca per difendermi.
Poi succede che certe sensazioni colpiscano ugualmente per la loro sola intensità, o che le parole vengano fraintese.
Ognuno legge ciò che vuole, è qualcosa che ho sempre amato. Ma è un rischio.
E’ l’unica strategia che conosca per difendermi, ma non sempre funziona.
Nonostante tutto continuo a scrivere, perché non sono capace di fare altrimenti.
Per me oggi, per ricordare domani.
Solo che a volte lo scudo del non-événementielle serve a poco.
Perché certe cose sono chiare anche se chiamate con nomi diversi.

Ho visto un muro e l’ho misurato per mesi, in lungo e in largo.
Di tanto in tanto ne ho preso le distanze, poi mi ci sono avvicinata pericolosamente.
Gli ho voltato le spalle e mi ci sono seduta di fianco, appoggiandoci la schiena contro, senza mai avere il coraggio di allontanarmene.
Infine ho deciso che era il momento, che se non l’avessi fatto me ne sarei pentita.
Ho deciso e mi ci sono schiantata contro, consapevolmente.
Sentendomi le ossa rotte ancor prima dell’impatto.

"Sono confuso. E’ brutto da dire ma io penso ad un’altra.
Credevo di no, invece è sì."

Così. Mentre tentavo di dire che l’importante, per me, era altro.
Mentre speravo di riuscire a dire che avrei voluto salvare tutto quello che potevamo.
Perché credevo fossimo in due a vedere quell’intesa, a ricordare nitidamente le chiacchiere e le risate fino a notte fonda.
Eppure non è stato questo il colpo.
Il vero schianto si rinnova ogni volta in cui quel muro crolla un po’, e io stento a riconoscere i pezzi che mi ritrovo tra le mani.

Je suis l’empire à la fin de la decadence.

"Perché quando hai premura
in fondo è solo paura,
paura di tutto,
hai paura sempre."

_NonVoglioCheClara_

Forse non sono gelosa, sono possessiva.
Fino alla gastrite. Perché io le cose le prendo di stomaco.
Ne riempio discorsi: la mia vita, i miei amici, le mie parole, i miei spazi…
Mio. Mio. M i o .
Recinterei, se potessi, ciò che è "mio".
Cose troppo preziose perché possano goderne tutti, cose troppo belle perché non sia solo io ad averle.
Perché in realtà l’egocentrismo è una delle poche certezze che ho.
Ma la cosa peggiore è vedere invaso il proprio territorio, e accorgersi che in realtà non ci è mai appartenuto.

 

E aspiett che chioveee…
(Foooooorte!)

Mi odio quando dimentico quanto sono dannatamente fortunata.
Quanto quei giorni a Palermo siano stati luminosi e pieni.
Quanto l’acqua di San Vito fosse cristallina, quanto Mondello fosse bella e accecante.
Le panelle, la granita, il (molto)rhum&(poca)cola sulla spiaggia.
Le risate, tante da perdere il conto, da piegarsi in due e riderci ancora, per giorni.
Il couscous, il ghiaccio nelle magliette e i camerieri più esauriti della storia.
May day, may day!
Giornate belle da incorniciare, persone incredibili, impossibili da trovare e dimenticare.
Voci che basta risentire per qualche minuto perché tutto sembri ritrovare il suo equilibrio.
E poi c’è lei, il mio pezzo di cuore: lei che ho salutato serena e ho ritrovato finalmente felice.

Grazie.